In queste elezioni il vero voto utile non è chi eleggere, ma chi fare stare fuori dal Consiglio


Domenica 22 ottobre, quindi, si vota in provincia di Trento e di Bolzano. Qui, ci si scuserà, ma per motivi di esplicito campanile, c’è propensione a privilegiare le faccende del consiglio provinciale trentino.

Da mesi, anzi già dall’anno scorso, l’Impertinente ha sollevato più di una volta la grande assenza di idee e di programmi che connota gli schieramenti, nessuno escluso. Una sanità a pezzi, il crollo dei consumi per effetto di rialzi dei prezzi più accentuati che in tutta Italia (e non solo della tazzina del caffè), il problema della abitazioni, la gestione dei migranti e delle nuove povertà, l’insussistenza di una politica di sviluppo economico che sappia fare sintesi di ricerca (università), territorio e sostenibilità, l’obsolescenza dell’offerta formativa degli istituti scolastici… tutte questioni che ognuno intercetta solo se ha gli occhi aperti, ma che inspiegabilmente non trovano nell’interlocutore politico il luogo di una proposta di soluzione che abbia i caratteri dell’appropriatezza e della non evanescenza.

In quanto elettori si ha l’impressione – dobbiamo dire uno po’ straniante – di una massiva occupazione dello spazio politico da parte di un esercito silente di candidati. Silente nel senso che alla numerosità incredibile di candidati non corrisponde una proporzionale quantità di idee. Sarà capitato a tutti di sorseggiare il caffè al bar sfogliando i giornali locali che, puntualmente, pubblicano i paginoni con le foto di tutti i candidati. A parte le piroette di coloro che da lustri saltellano da uno schieramento all’altro con la naturalezza con cui l’uomo comune cambia la marca di dentifricio – e paradossalmente questo è il problema minore – quello che appare sotto i nostri occhi è una logica tutta bulimica di riempire dei posti. Quasi che un’esibizione di capacità aggregativa o, perlomeno, seduttiva in capo ai vari partiti fosse indicativa della forza delle proposte. Del resto è molto più facile fare leva sul narcisismo personale che coinvolgere sulle proprie idee.

A fronte di tutto ciò, può sopravvivere in noi la nozione di “voto utile”? Di solito l’appello all’utilità del voto risuona come l’evocazione di una responsabilità dell’elettorato, chiamato a compattarsi per evitare il peggio. Ora, il peggio che abbiamo davanti qui dalle nostre parti non concerne l’instaurazione di un baluardo contro l’avanzata del fascismo o del comunismo: e menomale che i leader nazionali che sin qui si sono avvicendati in provincia per sostenere i candidati di bandiera non hanno ceduto a questa tentazione (ma mancano ancora alcuni giorni e non si sa mai…). Il peggio che possa accadere è che gli scranni del consiglio siano assegnati a personaggi senza nè arte nè parte.

I tempi sono duri. Occorrono profili in linea con la gravità delle questioni. Nell’editoriale precedente abbiamo argomentato l’inaccettabilità dello slogan “Vota la persona”. Restiamo convinti delle ragioni esposte. E non le rettifichiamo. Tuttavia L’Impertinente si fa portatore di una preghiera complementare: proviamo almeno a lasciare a casa chi potrebbe accelerare lo sprofondamento della nostra terra.

The Squirrel

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