“GEN V”, basta falsità ai nostri figli. Guardiamoli, abbracciamoli questi eroi nella loro battaglia per vivere


Irriverente come possono essere ragazzi in piena tempesta ormonale. Volgare quindi, molto volgare, com’è il turpiloquio dei nostri adolescenti, e anche peggio forse. Dissacrante, anche, al limite del pornografico. Si, “Gen V” è tutto questo con il “dovuto” condimento di sesso (quanto basta), violenza (tanta), rivalità, gelosie e bullismi di ogni sorta, come ci si può aspettare da una serie centrata su una banda di giovani. In questo caso giovani supereroi messi alla prova in sfide di abilità presso la Godolkin University School of Crimefighting, gestita dalla fantomatica Vought International.

Per favore, però, non fermiamoci qui. Non fermiamoci a questo gusto per la messa in scena delle peggio situazioni che una serie televisiva made in USA sa offrire. Andiamo un passo più in là, guardiamo meglio. Prendiamo questi schiaffoni, lasciamoci spostare lo sguardo dalla fiction, per tornare sulla realtà. Perché si parla dei nostri figli. Dei nostri ragazzi e ragazze e dei loro maldestri tentativi per crescere, in un mondo che li vuole “super” a tutti i costi, non importa sopra quante teste debbano camminare e quanta merda debbano ingoiare. “Super” loro non ci si sentono proprio, anzi! Invece che “numeri uno” – nella sfibrante rincorsa alla classifica tra i ragazzi sempre sullo sfondo della Serie – più facilmente loro si sentono “numeri zero”. Schiacciati, asfaltati dalle aspettative dei loro genitori che, immancabilmente, debordano nella competizione con i propri coetanei. In mezzo all’alterazione totale della realtà procurata dalle droghe. Droga che in questa Serie Amazon Prime – spin-off di “The Boys”, basata sull’omonimo fumetto di Garth Ennis e Darick Robertson – prende la forma di un “composto V”, iniettato nei ragazzi proprio per volontà dei loro genitori, per essere sempre più fighi, più belli e più bravi, perché possano sviluppare super-poteri e finalmente vincere, ottenere il successo. In cosa…? Nella lotta contro il Male, è il presupposto di ogni narrazione eroica che si rispetti. Peccato che il Male questi ragazzi se lo trovino addosso. Esattamente come i nostri. E come possono attrezzarsi per combatterlo, questo Male..? Certo non a colpi di rivendicazioni di diritti, come hanno dimostrato quei genitori che nelle settimane passate hanno ricorso al TAR per contestare i voti ottenuti dai loro ragazzi agli esami di maturità…

Viva l’ansia da performance, viva le frustrazioni di ogni tipo per i nostri giovani uomini e donne, che cercano di barcamenarsi con “poteri” speciali di ogni tipo, dalla scuola al lavoro, dallo sport alla musica alle coreografie su TikTok. Hanno lo stesso sapore amaro dei poteri dei protagonisti di “Gen V”, che si trovano ad incarnare un circo delle atrocità, dall’usare il proprio sangue come arma a incendiarsi completamente, dalla violenza estrema a rimpicciolire fino quasi a scomparire procurandosi attacchi di vomito…

L’orizzonte (impossibile) della riuscita in realtà è molto semplice: la famiglia. Ovvero quel luogo, l’unico rimasto sembrerebbe, dove essere abbracciati perché si è. Perché si è al mondo, preziosi a prescindere da qualsiasi rendimento. Il tradimento di questa attesa – continuamente perpetrato da adulti che sembra sappiano solo raccontare bugie, mentendo su tutto e contro tutti – riafferma la solitudine. Questi ragazzi non sono di nessuno, cercano d’appartenersi a vicenda ma non è abbastanza, non tiene. La solitudine sconfinata che è il vuoto di significato ha bisogno di padri e madri, per essere affrontata. Il suicidio di Golden Boy, eroe per eccellenza del college dei super di “Gen V”, ha forse lo stesso tremito di quello di Vincent, alias Inquisitor per i tiktoker: l’anima che trema per il bisogno totale di un abbraccio che salvi.

Possiamo aprire le braccia a questa supplica…?

The Bear


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