TEMPO, OCCASIONE O RIMPIANTI ?



«If I could turn back time», cantava Cher nel 1989. «Se potessi riportare indietro il tempo»: chi non ha
accarezzato l’idea, il sogno, di poter tornare indietro negli anni, a compiere una scelta diversa (da
quella che ci ha portato dove siamo), avere un’altra consapevolezza della posta in gioco, guardare sé
stesso con altri occhi, con una diversa benevolenza…?
Riavvolgere il nastro della vita, far girare indietro le lancette dell’orologio e i giorni sul calendario, o
meglio ancora, viaggiare nel tempo, recandosi di persona laddove sarebbe meglio (giusto…?)
intervenire, per mettere le cose nel senso che (ora) ci sembra corretto…? È una fascinazione
irresistibile, per chi scrive, immagina e racconta mondi possibili, per il cinema, la letteratura, E per
ciascuno di noi. Due Serie, sulla frontiera tra 2023 e 2024, hanno dato materia di riflessione, su
questo terreno: “Bodies” (Netflix) e “Progetto Lazarus” (Sky).
La prima (con una produzione Sky Original presa da una graphic novel) si presenta come un
esemplare di murder-mistery venato di soprannaturale, con sprazzi di fisica quantistica e metaverso,
roba da far arricciare il naso ai puristi ma congegnata il giusto da far nascere domande. La storia si
dipana tra 4 momenti storici precisi – 1890, 1941, 2023 e 2053 – nei quali altrettanti investigatori si
trovano davanti lo stesso identico delitto, con lo stesso cadavere, ucciso nello stesso modo, nello
stesso punto di Londra. Che il tempo sia una variabile non secondaria è bello che annunciato,
l’intreccio investigativo, non banale, ci porta ad esplorare le implicazioni del muovere lungo la linea
della cronologia, suggerendo la presenza di un fattore altro, dal “kronos”.
Anche nella seconda produzione Netflix – qui alla seconda stagione – evocare la resurrezione
dell’amico di Gesù Cristo dà subito un segnale importante, sulla posta in gioco. Segno che rimane
però sottotraccia, tra azioni e colpi di scena animati da un gruppo di super-agenti segreti (affiliati
appunto al Progetto Lazarus, anch’esso di base a Londra), che cercano di salvare il mondo dal
collasso globale “resettando” l’orologio e tornando all’attimo prima del punto di non ritorno. Anche qui
evocando “singolarità” e calcoli di fisica quantistica che sconfinano nella magia. In questo caso
aggiungendo il divertissement dei loop temporali, ovvero quelle situazioni che assomigliano a dei
circuiti di tempo dove ad un certo momento si riparte da capo, come in un anello, e tutto si ripete.
Tanto in “Bodies” quanto in “Progetto Lazarus”, non c’è soluzione di continuità tra le vicende
personali e affettive dei protagonisti e le scelte necessarie a salvare il mondo. Anzi…
Sembra proprio che di tutte le ragioni per salvare il pianeta dalla distruzione totale ne rimanga una,
una soltanto, veramente vera, veramente esauriente: amare, essere amati, l’amore da dare e da
ricevere, da vivere.
Coì che guardare in faccia il tempo significa mettersi di fronte alla nostra libertà.
Ecco allora che, di fronte al grande dilemma – tornato come argomento di discussione in questo
tempo di guerre e morte – se la salvezza dell’umanità intera sia più importante, valga di più della
salvezza di una singola persona amata, di fronte e dentro a questo immenso quesito torna una parola.
Non detta nei dialoghi e negli sviluppi narrativi della serie, eppure così presente. Si chiama “sacrificio”.
È forse troppo densa, per essere pronunciata, e ancor prima immaginata, argomentata
(mentalmente), seppure per affidarla ai personaggi di una fiction. No, non la dicono questa parola, i
protagonisti delle due Serie (bravi, in entrambe le produzioni), ma non possono fare a meno di
guardarla in faccia, e farci i conti. E riconoscere, prima di “fare” quello che decidono di fare, che il
punto ultimo dell’amare passa attraverso la strettoia, cruna dell’ago quasi invisibile in certi frangenti,
evidente in altri momenti, di dare la vita. La propria vita.
Che rimane un vertice di umanità vertiginoso, che sia avvenuto ieri o che avvenga domani, o in
qualsiasi “circuito” di tempo l’uomo possa mai immaginare.
«Ricorda che sei amato»: la frase, ripetuta a più riprese in “Bodies”, rimane lì, come la punta di un
iceberg che lascia immaginare ben altre profondità. Senza bisogno di spiegarla.
Lasciamola lì, a scavare dentro, a vedere se anche solo per un minimo sia vera, per noi. Nel tempo.


The Bear


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