ODDIO! C’E’ UN NUOVO INSEGNANTE!


“Non c’è più quello di Fisica. Chi arriverà al suo posto?”.

“Hai visto quello nuovo di Storia? Che faccia ha?”.

“Oh no! Mi trovavo così bene con la …”.

“Peccato! Abbiamo ancora quella befana della …”.

Se ne sentono tanti di questi discorsi, a scuola, soprattutto nei primi giorni dell’anno. Gli studenti, in genere, sanno infatti osservare i cambiamenti e registrare le variazioni di contesto in misura molto maggiore di quanto siamo disposti a concedere loro. E sanno reagire con variazioni e aggiustamenti velocissimi. E’ ai docenti, piuttosto, che risulta difficile reggere il ritmo imposto da quella velocità. Con tutte le conseguenze che si possono immaginare.

Ma che cosa significa, complessivamente, il cambio di qualche insegnante in una scuola?

Questo fatto, che si verifica frequentemente soprattutto all’inizio dell’anno scolastico, e che dipende dai farraginosi meccanismi con cui sono governate le alternanze degli incarichi assegnati ai docenti precari, produce certamente nel sistema-scuola delle “perturbazioni”. Ne possono seguire due tipi di eventi: se il sistema è aperto, se tende a inglobare le differenze elaborando dinamicamente nuovo senso, allora quella perturbazione sarà subito accolta come nuova ricchezza; se invece il sistema è chiuso nella propria, immobile autoreferenzialità, allora la perturbazione tenderà a essere negata, ignorata, o sopportata con difficoltà e fastidio.

In altre parole, “quello nuovo di Storia” può arrivare in una scuola dove la sua identità, la sua vicenda personale, il suo percorso professionale, i suoi luoghi di origine magari lontani susciteranno nei colleghi, nei genitori e negli studenti curiosità, attrazione, voglia di confrontarsi. E allora tutto funzionerà: un collega gli chiederà come egli sia abituato a procedere nei confronti della rivoluzione francese, un altro gli spiegherà come in quell’istituto si sia affermato un certo modo di regolarsi coi curricoli di Storia, mentre ci sarà chi gli offrirà collaborazione affinché l’organizzazione del microcosmo particolare di quella scuola sveli presto i suoi meccanismi, che entreranno poi in un gioco di confronto e di scambio con quelli di cui il nuovo arrivato è portatore. E i ragazzi vorranno sapere da dove proviene, perché parla con quell’accento, in quali altri luoghi ha insegnato; lo metteranno alla prova, probabilmente, ma facendogli intendere, se la relazione è partita bene, che sono pronti ad ascoltare ciò che vorrà proporre.

Se invece quello nuovo arriverà in una scuola, in un territorio, dove la sua “novità” sarà avvertita come una minaccia allo status già definito, allora saranno guai. Tra lui e i colleghi ci sarà diffidenza, incomprensione, esclusione, disagio. Il nuovo si sentirà solo, entrerà nelle classi confidando soltanto nelle esperienze già fatte, anzi, diffidando anche di quelle, e sarà impaurito, si esporrà agli attacchi dei colleghi, degli allievi e, più tardi, delle loro famiglie. Tracce di queste difficoltà si trasmetteranno poi a tutta la scuola, che ne risentirà profondamente e, come ogni sistema di relazioni chiuso nella propria autoreferenzialità, seguirà il proprio destino entropico e … morirà.

Ogni diversità è ricchezza vitale.

Rigoletto


Se ti è piaciuto l'articolo, condividilo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *