Cormac McCarthy è morto: non ci resta che leggere


Cormac McCarthy, il gigante letterario che portava, pressoché da solo nel panorama letterario, il peso dei dilemmi esistenziali dell’umanità, è morto. La sua morte, avvenuta all’età di 89 anni, lascia un vuoto insostituibile nel mondo della letteratura, dove le sue opere rappresentano monumentali testimonianze della sua impareggiabile abilità narrativa e profondità di intuizione.

Ma la morte di McCarthy non è un vicolo cieco; piuttosto, è uno stimolo per noi ad approfondire il suo corpus narrativo, per essere nuovamente travolti dalle correnti delle sue narrazioni. È un invito a cogliere la profondità della sua riflessione sulla condizione umana, le sue indagini esistenziali, le sue contemplazioni sulla vita, la morte, l’amore (impossibile) e la solitudine.

McCarthy ha inciso nelle sue pagine un mondo del tutto desolato e brutale, una sfera in cui la violenza e l’oscurità sembrano le uniche dimensioni possibili. Eppure, ha rivelato l’esistenza della scintilla della speranza, il barlume di bellezza insito nell’essere umano. In un mondo sempre più impantanato nella confusione e nella disperazione, le opere di McCarthy echeggiano con forza amplificata. La “spietata misericordia ” della sua narrazione ci costringe a confrontarci con la nostra umanità, ad affrontare le nostre paure, a cercare la bellezza nei luoghi più improbabili.

La nostra unica risorsa ora è leggere Cormac McCarthy. Non alla ricerca di risposte, ma per sollecitare l’introspezione, per lottare con la nostra stessa mortalità, con i nostri desideri e paure; a viso aperto, come i personaggi dei suoi romanzi. Per ricordare a noi stessi che, nonostante le avversità, rimaniamo passeggeri in cerca di destinazione, scopo e speranza.

Leggere McCarthy è confrontarsi con un monumento letterario, un faro che illumina l’abisso della nostra condizione umana. Mentre salutiamo questo titano della letteratura, proviamo, vi prego, a intraprendere, ciascuno solo davanti alle sue pagine, un viaggio attraverso le sue parole, pronti a cimentarci con il mistero, la bellezza e la brutalità dell’esistenza.

Non abbiamo altra scelta che leggere, cioè continuare a interrogarci assieme a lui, attraversando gli scalini aguzzi delle sue parole. In fondo la letteratura è (solo) questo: un dialogo continuo con noi stessi, e con il nostro insondabile mistero. McCarthy, con la sua penna simile a un bisturi (meglio, ammettiamolo, un machete grondante sangue di scalpi strappati), ha portato avanti questo dialogo con una potenza e un’intensità raramente viste. Non abbiamo altra scelta che leggere.

Mentre percorriamo il labirinto delle sue parole, ci troviamo di fronte all’esplorazione cruda e assoluta dell’umanità. “Meridiano di sangue, “The Road” e “Non è un paese per vecchi” espongono il midollo dell’esistenza umana, strappato dalle ossa della desolazione e della devastazione. I personaggi di McCarthy sono alle prese tanto con l’incesto, la morte sanguinosa e la solitudine quanto con la moralità, l’isolamento e l’amore, ognuno dei quali si svolge su uno sfondo di cruda realtà, dipinto con tinte di oscurità spietata. La sua abilità nello scalpellare descrizioni totalmente aderenti alla realtà, unita a uno stile di scrittura cupo, sostiene l’evoluzione di questi temi, con un’onestà di parole e pensiero che non conosco in nessun altro scrittore contemporaneo.

Il suo ultimo romanzo pubblicato in Italia, “The Passenger”, continua questa incessante esplorazione. Il romanzo è intriso di contemplazione filosofica e antropologica, presentando un enigma dell’esistenza rivestito di mistero e intrigo dietro e dentro discussioni e dialoghi stringenti sulla matematica, sulla fisica quantistica e cosa succede a una mente brillante coinvolto nel Progetti Manhattan per costruire la bomba atomica. Il tutto intersecato con descrizioni perfette quant’altre mai di qualsiasi oggetto meriti l’attenzione del protagonista, sia la sua attrezzatura da subacqueo, la battagliola della sua barca, l’impianto di accensione della sua Maserati o il culo di Debussy, la sua dolcissima amica trans, uno dei personaggi migliori tra i tanti di questo (penultimo) romanzo di McCarty. Questa misteriosa combinazione di noto e sconosciuto, di coscienza e subconscio, suscita una tempesta esistenziale, scuotendo la nostra presa su ciò che crediamo essere la realtà. Il titolo stesso (“Il passggero”) allude alla natura transitoria della nostra esistenza, alla qualità effimera della vita e al nostro continuo viaggio verso un inevitabile oblio.

Eppure, in mezzo all’oscurità apertamente (e quindi apparentemente) prevalente, McCarthy spruzza barlumi di speranza, di redenzione. L’arazzo cupo e violento dei suoi romanzi è punteggiato da momenti di grazia e bellezza. In “The Road”, il rapporto tra un padre e suo figlio emerge come un faro di speranza in mezzo alla disperazione, rivelando lo spirito indomabile dell’umanità anche nelle circostanze più disperate. Allo stesso modo, “The Passenger” offre fugaci momenti di speranza, isole di luce in mezzo a un mare di oscurità in cui il protagonista, Bobby Western, si immerge per professione (e scelta esistenziale).

L’opera di McCarthy ricorda la profonda lucidità con cui Simone Weil, grande filosofa francese, si avvicinò ai misteri dell’esistenza umana. Entrambi gli autori, a modo loro, hanno osato approfondire le complessità dell’animo umano, per esporre i profondi paradossi che sono alla base delle nostre vite. Le loro esplorazioni sottolineano una convinzione condivisa nel potere di trasformazione dell’implacabile autointerrogazione e un’acuta consapevolezza della nostra umanità condivisa. Se la scrittura e il pensiero di McCarty li trovo intrisi di “spietata misericordia”, quelli della Weil grondano “misericordiosa spietatezza”.

Proprio come le intuizioni filosofiche di Weil continuano a illuminare la nostra comprensione della condizione umana, l’eredità letteraria di McCarthy ci offre una tabella di marcia per percorrere il nostro viaggio esistenziale. Attraverso le sue storie ci sfida, senza dar l’aria di volerlo fare, ad affrontare le nostre paure e desideri più profondi, a mettere in discussione le nostre convinzioni e ad affrontare i meravigliosi e terrificanti misteri dell’esistenza.

Nonostante la disperazione che permea le narrazioni di McCarthy, c’è un accenno di sfida, una scintilla di ribellione contro l’arrendersi all’abisso esistenziale. Questa è l’eredità di Cormac McCarthy: una testimonianza della bellezza e della brutalità dell’esistenza, un invito a confrontarsi con i misteri della vita, una sfida a cercare la speranza nella disperazione.

Leggere, signori, leggere!

The fat Chipmunk


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