In memoria di Riccardo


Neppure ai giorni miei, tra il Bonifacio

   che diede all’umiltà del Sacro Altare

   della morte il definitivo bacio,

e il Celestin che glielo lasciò fare,

   si può dir che la Chiesa dei cristiani

   irreprensibil fosse, ed esemplare.

Tali delitti, ed altri, son lontani,

   nel tempo ed ancor più per gravità,

   da quei che all’oggi vostro, ed al domani,

incrinano però nell’aldilà

   la fede e la speranza, un poco almeno

   (dal punto mio di vista, l’aldiqua).

Ho, per esempio, ‘l cuor d’angoscia pieno

   per quella donna che col figlioletto

   in braccio, e da poco non più al seno,

ha scavalcato, fredda, il parapetto

   d’un ponte sul trentin torrente Noce,

   ed un addio straziante al mondo ha detto.

Provo pietà quand’un’interna voce

   qualche tapin convince che si trovi

   a soppportare un’eccessiva croce;

del Delle Vigne gl’infernali rovi

   vi chiedo di dimenticar pertanto,

   giacché sul tema ho dei pensieri nuovi.

Però non è scomparsa lei soltanto:

   del sangue del suo sangue l’esistenza

   ha con premeditata scelta infranto.

Del suicidio al netto, chi con violenza

   estrema agisce ai danni d’un bambino,

   siete certi che meriti clemenza?

Così sembra pensarla Celestino,

   il parroco il cui nome un po’ m’inquieta,

   che s’augura che il pargol, nel cammino

verso l’eterna sua celeste meta,

   la mamma esecutrice con sé porti,

   e che gli sia Gesù guida e profeta.

Possibil che, mi chiedo, non importi

   cos’hanno fatto in vita tutti quelli

   che il Gran Giudizio attendono da morti?

Spiegare, a beneficio degli agnelli,

   che il cielo avran coi lupi condiviso,

   non sarà prenderli per i fondelli?

Ad ogni modo, qui nel Paradiso

   ciascun singolo istante ci colora

   di Riccardo lo splendido sorriso;

e Veronica non si vede ancora.

Alighieri Dante


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