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Come l’amato casalingo gatto

   più forte dell’amor che lo circonda

   avverte, quando ha debole lo scatto

e nel divano volentier sprofonda,

   ch’è venuto il momento di cacciare

   celesti topolini, ed asseconda

cotal premonizione elementare

   cercando una boscaglia fuori mano,

   per dignitosamente trapassare

dall’invadente civiltà lontano

   (a meno che, s’intende, non rinchiuso

   in un appartamento al quinto piano);

e com’è l’orgoglioso lupo aduso

   dal branco a separarsi appena sente

   ch’è ‘l ciclo suo vital ormai concluso;

dunque, in modo non troppo differente,

   ciascun altr’animale si dispone

   la morte ad affrontar serenamente.

Benché carenti in tale propensione,

   straziati come son dal gran rovello

   se esista o meno la resurrezione,

questo gli umani vantano di bello:

   che scelgono talvolta il tempo acconcio

   per mollare il terrestre carosello,

quasi a timbrar con l’ultimo lor broncio,

   lanciare non potendo altro segnale,

   quell’evento che giudicano sconcio.

Insulsamente in ambito invernale

   e tra le dune qatariote posto,

   al recente calcistico mondiale

ha per esempio presto corrisposto

   del genio del pallon la dipartita,

   che non fino a quel punto era indisposto.

E Bacharach, che melodia squisita

   per più di mezzo secolo ha prodotto,

   non ha retto all’ennesima ferita

che ‘l ligure canzonettier salotto

   infligge ogni febbraio al mondo intero,

   causando, se non morte, almen cagotto.

E ancor c’è posto in questo cimitero.

Alighieri Dante


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