IDENTITÀ E METODO A STRISCE BIANCHE E NERE


«Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta»: questo è il motto più volte celebrato all’origine della Juve plurivincente dagli anni Ottanta in poi, era il motto di Giampiero Boniperti, bandiera ed ex presidente. Se le premesse sono queste, le conseguenze non possono che essere quelle che per la seconda e ancor più odiosa volta abbiamo tutti sotto gli occhi. Si dirà “così fan tutti”, oppure – strizzando l’occhiolino – “non mi dirai che voi non…”, oppure “questo è un prezzo da pagare a certi livelli” e via via via. Ma per noi che scioccamente, infantilmente, ingenuamente ancora ci ostiniamo a guardare lo sport con gli occhi di un’anima romantica, non resta che il rovesciamento della bile.
Ma come è possibile? Non era già successo? E non gli era costato la retrocessione? Possibile che non abbiano imparato niente?
Ma il punto è proprio questo: non si tratta di apprendimento, non si tratta di capire nessuna lezione, qui si tratta di identità. E quando si parla di identità è difficile cambiare la pelle, quella pelle che è appunto di due colori, bianco e nero, senza mezze misure, chi sta con me o contro di me.
Io sto contro di te.
Contro Andrea Agnelli, che – come documenta l’imperdibiile serie Netflix All or nothing – nel secondo anno di Ronaldo, al primo incontro ufficiale con Pirlo e di fronte a tutta la squadra riunita, con un bel “è stato un anno di m****”, nonostante quell’anno avessero vinto il campionato, “dobbiamo fare molto di più”, credendosi un grande oratore, un grande motivatore, un grande leader.
Sono stramaledettamente contro il tuo modo di pensare, stramaledetto juventino, per cui conta solo vincere, che è l’esatto contrario del messaggio che dovremmo dare ai nostri figli quando li avviamo allo sport e a noi stessi quando facciamo sport come metafora dell’impegnarsi in qualcosa per il gusto della cosa stessa, per il gusto dell’agonismo nel senso letterale greco dell’agon, la fatica della lotta che diventa un valore.
Ti odio, juventinità, perché sei il peggio dell’uomo, sei il voler realizzare qualcosa costi quel che costi a dispetto degli altri, l’utile al di là del dilettevole, il risultato fine a se stesso. Sei la negazione di ogni idealismo, del bel gesto, della sconfitta onorevole, della bella morte. Ti odio uomo ridotto al pragmatismo più funzionalista, all’economicismo che alla fine diventa suicidio di ogni aspirazione profonda dell’anima.
Ti meriti solo questo, per l’appunto, le strisce bianche e nere, le strisce che assomigliano alle sbarre.


Se ti è piaciuto l'articolo, condividilo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *