Mettete i fiori (di Sanremo?) nei vostri cannoni


Io fui, eccome, immobile (ci piace
coi versi dei colleghi gareggiare
a chi qui di giocar è più capace,
giacché non molto d’altro c’è da fare)
settecent’anni orsono, ricorrenza
che mi faceste onor di celebrare.
In tutto questo tempo la sapienza,
che dagli animal gli uomini separa,
sacrificata ho visto alla violenza,
e ben più turpe è la terrena gara
tra chi, con padronanza e voluttà,
se bombardar non può, almeno spara.
Chiedetevi se la bestialità
sta in chi uccide per del potere il gusto
o in chi per fame e per necessità,
oppur come mai l’hobbesiano arbusto,
che definiva l’uom lupo a se stesso,
ora sia pianta d’imponente fusto.
Cos’è questo civil vostro progresso
se non la corsa senza freni, e folle,
incontro ad un unanime decesso?
In questi mesi il sangue mio ribolle
per il martirio cui è sottoposta
la terra che lo zar d’oggi sì volle
da seviziarla quasi senza sosta;
e non si vede fine a questo scempio,
e dell’Europa è vacua la risposta.
A nulla son servite come esempio
le guerre innumerevoli e cruente
che il vostro mondo han reso marcio ed empio.
Ma forse quella sventurata gente
deve soffrir non solo l’invasore,
ma pure il fatto che ‘l suo presidente
ancor non ha dismesso il ruol d’attore
che già notorietà gli diede, e gloria.
Lo dico con particolar dolore:
s’annuncia più vicina la vittoria
per l’affamato gangster del Cremlino
se Zelensky esibisce sua oratoria
dove nacque “amoroso trottolino”.

Alighieri Dante


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