David Crosby


La porta che, spalancandosi davanti a loro, ha introdotto alla grande stagione dei ‘60 psichedelici tanti ragazzi che hanno cominciato ad ascoltare rock attorno alla metà degli anni ‘80 (sottoscritto incluso) è stata non tanto – tah-dah! – i Doors (troppo blues-y e chi lo sopportava quel manzo del Morrison) o i Beatles (i Beatles li ascoltavano mamma e papà), quanto i Byrds.

Quindi il fatto che il caro, vecchio Croz giusto ieri ci abbia lasciati un po’ male lo fa: abbiate pazienza, tirate un sospiro e cercate, se potete, di sopportare il pippone che segue.

La memoria corre istantanea a quella cassettina registratami quando avevo quattordic’anni con Mr. Tambourine Man sul lato A, Fifth Dimension sul lato B e decorata da me con imbarazzanti motivi paisley disegnati a penna blu che mi è stata inseparabile fino a che l’ho persa – o meglio: consciamente non chiesta di ritorno – attorno ai 22-23 anni in qualche appartamento di studenti.

Voi state ricordando le canzoni-capolavoro di un artista che è stato quasi il modello di una certa idea di hippismo peace-and-love: Everybody’s Been Burned, Almost Cut My Hair, Laughing – anzi: proprio tutto quel dannato capolavoro che mi è sempre sembrato If I Could Only Remember My Name.

Io scelgo di celebrare invece l’uomo e la rognosa e scorbutica primadonna che ha rotto talmente tanto le balle a McGuinn durante le sessioni di registrazione di The Notorious Byrds Brothers da farsi non solo cacciare dalla band, ma anche sostituire sulla foto di copertina dalla testa di un cavallo.

E che però nelle stesse, da par suo, lascia in eredità ai Byrds e a noi questo piccolo affresco nel quale dipinge in maniera che più eterea non si può i sogni bagnati di molti di noi maschietti adolescenti.

A_Little_Buzz

Se ti è piaciuto l'articolo, condividilo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *